I compiti non li faccio!


Qualcuno non capisce l’utilità di quell’ignobile (a suo dire) cosa, che gli insegnanti si ostinano a chiamare “compito per casa”.

Ho visto e sentito, fin troppe volte, studenti ingegnarsi  su come fregare il professore o su come copiare gli esercizi assegnati.

Se questi personaggi si fossero dedicati a svolgere il proprio dovere usando un solo centesimo del cervello utilizzato per sviluppare i loro diabolici piani, probabilmente avrebbero finito tutto in un quarto d’ora.

L’altra faccia della medaglia è invece il sovraccarico di lavoro che viene assegnato per combattere questa nullafacenza; si pensa che almeno una parte della grande mole del lavoro asseganto venga così svolta.

Così facendo, però, vengono penalizzati gli alunni diligenti, che si vedono sommersi di lavoro extra, spesso più dannoso che utile.

Qui troviamo un’analogia con un altro problema, ben più importante, che affligge l’Italia ormai da anni: l’insostenibile pressione fiscale.

Il fisco ha delle aliquote altissime, tarate dando per scontato che ci sarà un’evasione importante da parte di qualche soggetto.

Anche qui i contribuenti onesti, che pagano regolarmente fino all'ultimo centesimo, ci rimettono, dovendosi accollare anche i soldi non dati dagli evasori.

Detto questo, lancio una provocazione: non sarebbe meglio non esagerare coi compiti ed invece porre più attenzione su come questi vengono effettivamente svolti da parte dei ragazzi?

Ragionateci sopra, direbbe Luca Zaia.


3 commenti :

  1. I compiti non devono essere visti come un'imposizione ma come l'opportunità di saperne di più su quanto studiato a scuola. Se ti piace quello che fai non ne hai mai abbastanza!

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  2. Completamente d'accordo con la parte finale dell'articolo. Infatti penso che i professori si debbano basare più sulla QUALITÀ e non sulla QUANTITÀ dei compiti assegnati.

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  3. L'associazione compiti a casa/pressione fiscale è curioso ed interessante

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